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Acicastello,
situata in un’ampia insenatura del litorale orientale siciliano,
ai piedi di una roccia basaltica, è cresciuta intorno al fortilizio
normanno ed oggi è inglobata nell’hinterland catanese.
Castello Normanno,
costruito nel 1076, interamente in pietra lavica, su uno sperone
roccioso di magma cristallizzato. Rinvenimenti archeologici,
soprattutto sottomarini, esposti nelle vetrine del museo Civico,
attestano la frequentazione della rocca sulla quale oggi si ergono
le rovine del castello normanno, già in epoca greca e romana, per
la sua posizione strategica. L’arrivo degli Arabi fu segnato da un
periodo di guerre e distruzioni. La fortezza sulla rupe fu distrutta
dall’emiro Ibrahim nel 902. La costruzione del castello di cui
oggi si possono ammirare le strutture superstiti, dagli splendidi
archi a sesto acuto, si deve porre all’epoca della conquista
dell’isola da parte dei normanni Roberto il Guiscardo e Ruggero
d’Altavilla.
Il
castello fu in seguito concesso ai vescovi di Catania che proprio
qui, nel 1126, ricevettero le reliquie di S. Agata, riportate in
patria da Costantinopoli.
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Panorama
del Castello Normanno
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I faraglioni di
Acitrezza (clicca
sull'immagine per ingrandire)
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Nel
1169 una disastrosa eruzione investì il paese di Aci e raggiunse la
rupe che fino allora emergeva dal mare, isolata dalla terraferma, e
colmò il braccio di mare antistante.
Il
possesso del castello rimase ai vescovi di Catania fino al 1239. Con
Federico II di Svevia, entrò a far parte del Demanio Regio e
durante il periodo angioino tornò nuovamente in possesso dei
vescovi.
Dalla
fine del XIII secolo fino all’età dei Viceré, il castello fu
testimone della lunga lotta che contrappose gli aragonesi di Sicilia
agli Angioini di Napoli. Federico III d’Aragona, re di Sicilia,
tolse il fondo di Aci ai vescovi di Catania e lo concesse
all’ammiraglio Ruggero di Lauria, per le sue imprese militari.
Quando quest’ultimo passò dalla parte degli Angioini, il re fece
espugnare il castello (1297) entro il quale si erano asserragliati i
ribelli.
Nel
1396 il castello fu espugnato da Martino il giovane (nipote di
Pietro IV, re d’Aragona), il quale era sbarcato in Sicilia dopo
aver contratto matrimonio nel 1391 con la regina Maria, unica figlia
di Federico IV ed ultima erede al trono aragonese di Sicilia.
Martino fece del castello la sua dimora con Bianca di Navarra,
divenuta sua sposa nel 1402, dopo la morte della prima moglie.
Questo fu un periodo di splendore, furono organizzate feste e
lussuosi ricevimenti.
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Alla
morte di Martino il castello passò a Ferdinando il Giusto di
Castiglia, primo viceré di Sicilia (1412). Durante il XVI secolo il
castello passò nelle mani di diversi privati, finché fu adibito a
sede di una di guarnigione che aveva il compito di segnalare i
pericoli provenienti dal mare alle popolazioni interne. Allo stesso
tempo il castello assolveva la funzione di prigione.
Nel
1528, l’imperatore Carlo V rese libero il centro da ogni
vassallaggio erigendolo a Comune.
Nel
1634, re Filippo III volle un’opera di radicale ristrutturazione
del castello e lo dotò di artiglieria (probabile testimonianza il
cannone murato sulla terrazza superiore).
Il
terremoto del 1693 recò al castello ingenti danni, riparati negli
anni successivi. Nel XIX secolo il maniero entrò a far parte del
Demanio Comunale, ma nel 1818 un terremoto provocò tali danni che
esso non poté più essere utilizzato come prigione.
Il
castello ispirò a Giovanni Verga la novella ” Le
storie del Castello di Trezza “ che narra amori, tradimenti e
fantasmi nelle vicende di don Garzia e di donna Violante.
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Altra
veduta del castello Normanno (clicca
sull'immagine per ingrandire)
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 Panorama
del castello Normanno con lo sfondo dei faraglioni di Acitrezza
(clicca
sull'immagine per ingrandire)
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Interno
del castello Normanno (clicca
sull'immagine per ingrandire)
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Agli
inizi del XX secolo, divenne deposito di masserizie e durante la
seconda guerra mondiale una grotta della rupe fu usata come rifugio
antiaereo. Oggi il castello, restaurato negli anni ’60, ospita un
piccolo museo e diverse iniziative culturali (mostre, convegni,
visite guidate, concerti, studio del materiale archeologico).
Museo
Civico, ospitato nelle sale del castello normanno, nasce per
raccogliere in modo organico le testimonianze geologiche,
paleontologiche ed archeologiche del territorio siciliano. Il museo
si articola in tre sezioni ospitate in due sale del castello: la
sezione Mineralogica che ospita campioni di rocce e minerali
provenienti sia dalle immediate vicinanze del castello che da vari
luoghi della Sicilia e del mondo; la sezione Paleontologica che
illustra la vita sulla terra fino alla comparsa dell’uomo; ed
infine la sezione Archeologica che ospita manufatti e strumenti
dalla preistoria all’età medievale.
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Dalla
piazza antistante il castello, delimitata dalla chiesa
Madre, in pietra lavica, è possibile ammirare uno splendido
panorama della riviera dei Ciclopi, con le svettanti sagome dei
faraglioni sullo sfondo.
La
riviera dei Ciclopi, è nota per le vicende mitologiche
pervenuteci da Omero e Virgilio. La leggenda vuole che i tre
faraglioni, situati lungo la costa di Acitrezza, siano i massi
lanciati da Polifemo contro la nave di Ulisse che fuggiva. Il
gigante Polifemo ritorna ancora nel mito di Aci e Galatea; geloso
dell’amore tra i due giovani, il Ciclope uccide Aci scagliandogli
addosso un enorme masso. L’arcipelago dei Ciclopi, intorno al
1750, diventa teatro di una nuova e originale tradizione popolare
rappresentata dalla pantomima “u
pisci a mari”. La rappresentazione è legata ai festeggiamenti
in onore di S. Giovanni
Battista, patrono di Acitrezza, che si svolgono ogni anno il 24
giugno. La pantomima rappresenta, con i toni della parodia,
l’antica arte della pesca del pesce spada. Tutta la cultura, la
storia, la tradizione di un popolo indissolubilmente legato al mare,
si trova in questa messinscena che riempie il paese per
l’occasione. Uno squarcio di vita quotidiana che ispirò Giovanni
Verga.
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Terrazza
panoramica del castello Normanno
(clicca
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