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PROVINCIA DI CATANIA  MALETTO

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Maletto (950 s.l.m.), il comune più alto della provincia di Catania e il più elevato sull’Etna, è situato al centro del triangolo costituito dai comuni di Bronte, Maniace e Randazzo.

La salubrità dell’aria e dell’ambiente immune dall’inquinamento cittadino, la bellezza del paesaggio, la tranquillità del posto, i luoghi ricchi di storia e soprattutto l’ospitalità e la cordialità dei malettesi invitano a soggiornare a Maletto, particolarmente in estate.  

 
 

Nel 1263, il conte Manfredi Maletta, degli svevi, su un impervio sperone roccioso, nel cuore di fitte foreste, costruisce una torre di avvistamento, che prende il nome di Torre del Fano. Da quel momento, dal nome del suo possessore, il luogo si chiama Maletto e nasce l’omonimo feudo. Questa torre, denominata anche il Castello, per la sua posizione è coinvolta nella lunga guerra dei “Vespri” tra angioini e aragonesi (1282). Perduto dai Maletta, il feudo e il castello passano, nel 1386 alla potente famiglia Spatafora, nelle cui mani resterà fino al 1812.

Nel 1400, ai piedi della rocca, si forma il primo nucleo abitato, fatto di modeste capanne di pastori.  

Agli inizi del 1500 si costituisce l’attuale centro urbano, vale a dire il palazzo baronale (l’attuale municipio) con annessa la chiesa di S. Michele Arcangelo e tutti i fabbricati adiacenti fino al castello.

Il caseggiato è abbandonato diverse volte dai suoi abitanti per ragioni di ordine economico, fino a che, nel 1619, diventa principato, per investitura di re Filippo III di Spagna. Il paese si va popolando e consolidando, grazie alle agevolazioni concesse dal principe ed alle franchigie di cui gode il feudo, queste gli concedono di accogliere i fuggiaschi e i ricercati dalla giustizia del re, gente scampata alle catastrofi che nel XVII secolo interessano la Sicilia: sanguinose sommosse, carestie, pestilenze, terremoti.

I nuovi venuti, stabilitisi a Maletto, ne disboscano il territorio e mettono a coltura nuove terre, concesse dal principe, usano le terre comuni del feudo. Gli abitanti da 300 circa, alla metà del 1600, diventano oltre 1500 alla fine del 1700, e godono di una relativa tranquillità nel mondo chiuso del feudo.  

 
 

Dopo il 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo in Sicilia, la piccola comunità contadina attraversa un periodo di difficoltà economiche che costringono molti abitanti ad emigrare nei paesi vicini.

Il nuovo comune, costituito nel 1818, è coinvolto nei moti del 1820-21, e parteggia per Palermo, contro i borboni di Napoli. Si solleva insieme a numerosi brontesi, occupando i terreni dell’ex – feudo, scacciando gli amministratori comunali.

Le condizioni sociali, durante la prima metà dell’Ottocento, sono molto misere e tuttavia, dopo il 1830 ricomincia l’incremento della popolazione.

Il povero comune, oltre a dovere affrontare enormi problemi sociali senza avere alcuna consistente risorsa, è coinvolto in lunghe vertenze giudiziarie con gli eredi del principe, per lo scioglimento dei diritti promiscui, questione che si definisce nel 1856, con l’assegnazione al comune di un quarto del grande e secolare bosco di Maletto, nonché di altre terre già comuni, che successivamente saranno quotizzate e assegnate ai contadini. 

Questo fatto, unito ad una timida ripresa del commercio e la costruzione di qualche strada di collegamento con la realtà esterna, permettono un leggero miglioramento economico.

Nel 1848, Maletto segue l’esempio della vicina Bronte e insorge: sono occupate le terre comunali, abolita la tassa sul macinato ed eletto il presidente del Municipio. Dopo circa un anno, in seguito alla vittoria borbonica, le cose tornano come prima.

Anche nel 1860, durante la spedizione garibaldina e durante i noti fatti di Bronte dell’agosto, Maletto partecipa agli avvenimenti, anche se non in forma cruenta, che portano all’unificazione della Sicilia all’Italia.

Nel mezzo secolo successivo, le condizioni generali del paese non migliorano e sono aggravate anche dai contrasti politici e personali dei potentati del paese.

Dal 1857 al 1877 è costruita la chiesa Madre, la maggiore opera edilizia dell’800 a Maletto, l’edificazione vede impegnata volontariamente tutta la popolazione.   

 
 

Le misere condizioni dei contadini danno inizio alla fine del secolo al triste fenomeno dell’emigrazione.

I primi decenni del ‘900 non rappresentano momenti di sostanziali cambiamenti. La stagnante condizione economica è aggravata dalla Grande Guerra. Anche le ricorrenti epidemie e le pessime condizioni igienico – sanitarie dell’abitato contribuiscono ad aggravare la precarie situazione. Negli anni ’20 è sistemato il centro abitato e nel 1931 arriva l’energia elettrica.

Nel corso della 2ª guerra mondiale, ai primi di agosto del 1943, alcuni quartieri di Maletto sono pesantemente bombardati e la popolazione è costretta a sfollare nei boschi    e nelle grotte dell’Etna.

Dagli anni ’60, Maletto, da antico borgo feudale, quale era fino a pochi anni prima, si trasforma in una moderna cittadina. Oggi è rimasto poco dell’antico borgo.

Il territorio di Maletto è situato tra l’enorme mole dell’Etna e la valle del fiume Simeto. L’abitato è situato sul versante occidentale della collina denominata Pizzo Filicia (1140 m.), di arenaria giallastra, ed è circondato da un vario paesaggio di suggestiva bellezza. Dal lato dell’Etna, il suolo di natura vulcanica, è in gran parte ricoperto da boschi e terreni intensamente coltivati a vigneti, frutteti e fragoleti, in cui sono presenti i resti di antichi fabbricati rurali e di muretti a secco in pietra lavica. Folti selve di castagno e vari tipi di quercia, rifugi in pietra di pastori e carbonai. Più in alto si hanno grandi estensioni di leccio e pino laricio. Ad un’altezza compresa tra i 1800 – 1900 m. e i 2200 – 2300 m., le suggestive faggete, che in autunno assumono un colore rosso – grigiastro e, poi, la betulla dalla corteccia bianca.

L’immensità di questi boschi è costellata da numerosi coni vulcanici spenti.

La vegetazione è invasa da colate laviche, antiche e recenti, sulle quali si alzano grandi cespugli di ginestra e crescono folti gruppi di faggi e di pini. Superata la quota dei 2100 m., inizia la zona fredda che vede i fianchi dell’Etna innevati per oltre sei mesi l’anno. Su tutto incombe il deserto vulcanico e più sopra l’intensa attività del cratere centrale.

E’ presente il coniglio selvatico, la lepre, la volpe, il gatto selvatico, la martora e qualche rara istrice. Tra gli uccelli le coturnici, il picchio rosso, il codirosso, il merlo il colombaccio e qualche rara pernice. Negli anfratti lavici e lungo i muretti è presente la vipera.

Nella zona a valle del centro abitato si estende una pianura che arriva fino al fiume Saracena. Sullo sfondo i monti delle Caronie, innevati per diversi mesi dell’anno, ricchissimi di boschi di cerri, querce secolari, di faggi, di laghetti montani e di numerosissimi ruscelli.

L’abitato di Maletto, pur essendo il più vicino al vulcano, non è stato mai investito da alcuna colata lavica.

La varietà del territorio di Maletto, in parte lavico ed in parte argilloso, costituisce uno degli ultimi angoli dell’Etna dove la natura è rimasta quasi intatta, specie nella parte alta del bosco.

La Regione Siciliana, nel 1981, ha avviato la costituzione del Parco dell’Etna.

 
 

Le zone circostanti Maletto presentano tracce di antichi insediamenti umani. L’esistenza delle popolazioni Sicule è attestata dalla presenza delle tombe a grotticella, dai resti di manufatti in pietra. In seguito i greci dal VI secolo a. C., hanno lasciato una grossa quantità di cocci di raffinata ceramica, monete, sepolture. Poi i romani, dal 200 a.C., i bizantini, gli arabi, i normanni ecc. La pianura sottostante Maletto presenta tracce consistenti di questi popoli.

Il sito di Tartaraci è uno dei più interessanti, con una tomba a grotticella, diversi resti di sepolture, manufatti in pietra lavica, ceramica.

La zona delle Balze, sopra il fiume Saracena, dove sono stati individuati i resti di una grandiosa cinta muraria che doveva circondare un centro abitato. A Mangiasarde in una grotta sotterranea esisteva una necropoli.

In un’ansa del fiume ci sono le cosiddette Grotte dei Saraceni; nell’omonima contrada, descritte sin dall’epoca arabo – normanna, sono, probabilmente, di origine preistorica, usate in epoche diverse, per abitazioni e per fini militari.

Gli arabi chiamavano la zona Grotte della Farina o dei Giganti e nelle vicinanze, avvenne, nel 1040, una grossa battaglia tra il condottiero Giorgio Maniace egli arabi, finita con la sanguinosa sconfitta di questi ultimi.

La chiesa di S. Michele Arcangelo. Costruita agli inizi del 1500, assieme al primo centro urbano, era annessa al palazzo baronale degli Spatafora, da cui si accedeva. Conserva ancora i tratti originali, con alcune tele del ‘700 e un bel campanile che dominava in posizione centrale l’antico abitato.

La chiesa di S. Antonio di Padova, costruita nel 1785, conserva due statue di legno del 1700, opera del Bagnasco, rappresentanti S. Antonio e S. Vincenzo. Il primo protettore di Maletto sin dal 1600, cui ogni anno a settembre è dedicata una grande festa popolare.

Dall’alto dei ruderi del duecentesco castello del conte Manfredi, in lontananza appaiono i campanili delle storiche Basiliche di Randazzo, e in fondo alla valle i resti del Castello di Bolo e il fiume Saracena.

La coltivazione della fragola è stata introdotta nell’agricoltura malettese durante gli anni ’50. Il prodotto fu subito ricercato dai vicini mercati ortofrutticoli e si avviò anche una discreta attività commerciale.

L’origine delle piantine di fragola, che nasce spontaneamente nel bosco e poi è trapiantata a pieno campo, senza altri procedimenti artificiali di maturazione che possano alterarne le proprietà organolettiche, conferisce alla fragola di Maletto una straordinaria squisitezza e fragranza che la rendono unica e ricercata sia sui mercati ortofrutticoli sia dai privati consumatori.

Nel mese di giugno si celebra la Sagra della Fragola con manifestazioni, incontri, spettacoli, iniziative culturali e con una mega – torta alla fragola.

Buone le strutture di ristoro che sorgono nelle campagne attorno a Maletto, in uno scenario di incomparabili bellezze naturali, che consentono di gustare i prodotti tipici della cucina rusticana locale: castrato, funghi, maccheroni, pane di casa, ecc.

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Si ringrazia il Comune di Maletto per le preziose informazioni forniteci
  

    

 

        

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