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Per
arrivare:
Da Catania. Prendere l'autostrada A18
CT-ME
ed uscire allo svincolo di Taormina |
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Panorama
dal teatro greco (
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Isola
Bella (
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Taormina
Peregrinando
nel suo viaggio in Sicilia, Johann Wolfgang Goethe giunse nel 1787 a
Taormina e rimase estasiato dall’incantevole scenario, la definì ”lembo di
paradiso”.
“A
destra su due alte rupi stanno castelli, sotto si stende la città
– scrisse nel suo diario – e benché queste costruzioni siano di
un’epoca recente, si deve pur pensare che anche anticamente ce ne
stavano sullo stesso posto. Poi si vede tutta la lunga schiera
dell’Etna, a sinistra la spiaggia fino a Catania, o magari a
Siracusa; l’enorme fumante montagna di fuoco chiude l’ampia
veduta, senza nulla di spaventoso; l’atmosfera l’addolcisce e la
fa sembrare più lontana e più mite di quanto è in realtà”.
Il
6 maggio di quell’anno il grande viaggiatore tedesco ammirò anche
l’anfiteatro e, riposandosi sulle gradinate superiori, ammise
“che mai il pubblico di un teatro ebbe davanti a sé una simile
visione”.
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Parole
scritte oltre 200 anni addietro. Oggi quasi nulla è cambiato. Gli
angoli, le atmosfere, i colori di Taormina incantano i nuovi
viandanti così come incantarono Goethe.
In
ogni stagione il suo fascino irresistibile cattura sia coloro che
amano una vacanza tranquilla, a contatto con la natura, sia quelli
che la desiderano carica di movimento, emozioni ed incontri.
Inoltre, i grandi appuntamenti internazionali con la cultura
contribuiscono a fare di Taormina il polo di riferimento per la
conoscenza di tutte le altre realtà turistiche siciliane.
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La
Cattedrale
(
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Torre
dell'Orologio (
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Questa
autentica perla della Sicilia è singolarmente unica per posizione e
per forma urbana. Dal suo luminoso attico, protetta dalle ultime
alture dei Peloritani, Taormina (a circa 200 metri di altezza sul livello del
mare) guarda a nord la costa fino a Messina e a sud l’Etna. E’ forse la sua luminosità intensa a rendere così
suggestivi i suoi ambienti e i suoi scenari. Tappa obbligata sul
percorso Messina – Siracusa, in passato la città ha ricoperto un
ruolo importante nell’economia territoriale della Sicilia
orientale, fino a quando nel XVIII secolo, costruita l’arteria
costiera di collegamento fra le due città, non le restò che
specializzarsi nell’offerta turistica che l’amenità peculiare
del luogo suggeriva.
L’antica
Tauromenion, adagiata
sulle pendici del monte Tauro,
si pensa che fosse originariamente abitata, in età arcaica, dai
Siculi e dagli abitanti di Zancle (Messina). Nel 392 a.C. fu
occupata da Dionigi di Siracusa, il quale scacciò i Siculi e vi
insediò i suoi mercenari. Nel 358 a.C. Andromaco, padre dello
storico Timeo, uomo saggio e contrario alla tirannide, vi condusse i
superstiti di Naxos, e creò la nuova città greca. Vicino alla chiesa di S. Pancrazio sono ancora visibili resti di abitazioni
databili al III secolo a.C. : si suppone perciò che la zona
residenziale della cittadina ellenistica dovesse qui avere sede,
essendo l’acropoli sulla sommità del monte dove adesso sorge il
castello medievale; più a sud nasceva la zona della “polis”,
con la piazza del mercato e l’agorà, circondata dagli edifici
rappresentativi e di culto (il “bouleuterion”, il teatro, i
templi).
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Monumenti
che subiranno tutti, in epoca imperiale romana, variazioni nella
forma e nella destinazione d’uso. La città accolse per prima
Timoleone, al suo arrivo da Corinto; fu governata da Agatocle e
Dionigi II di Siracusa e successivamente fu alleata dei romani.
Durante
le guerre servili (135 – 132 a.C.) subì saccheggi ed invasioni.
Schieratasi con Sesto Pompeo contro Ottaviano, dopo la vittoria di
questo fu ridotta a colonia. Ma lo stesso Ottaviano risollevò la
vita della città, fece costruire templi e acquedotti, ed adattare
il teatro greco ad anfiteatro romano.
Caduto
l’Impero Romano, Tauromenion fu danneggiata dalle dominazioni
barbariche, fino al VI secolo d.C., quando riacquistò importanza
con i Bizantini. Divenuta sede di arcivescovado ampliò i suoi
confini e nell’estremità meridionale dell’abitato fu costruita
la prima cattedrale di S.
Maria Assunta (ora obitorio dell’ospedale).Nel 902 fu
distrutta dagli Arabi, che, in seguito, la ricostruirono e la
occuparono fino al 1079, potenziarono e razionalizzano il sistema di
approvvigionamento idrico della città, consentirono la coltivazione
dei terreni circostanti e spostarono il centro urbano in
corrispondenza del precedente ampliamento bizantino: attorno alla
cattedrale sorsero quartieri residenziali che si attestarono presso
la porta Saracena – aperta nelle mura preesistenti allora
consolidate – mentre nell’area del vecchio Foro romano fu
edificata una torre a controllo dell’ingresso in città della
consolare Valeria.
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Vista
dall'alto del teatro greco (
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Balcone
fiorito
(
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Nel
1079 la occuparono i Normanni del conte Ruggero, e fu città
fiorente, anche sotto gli Svevi e gli Aragonesi. Taormina nel XII
secolo diventò stazione di merci e carovane e consolidò l’asseto
urbanistico con l’edificazione del borgo al di là della porta di
Mezzo, che segnava il limite dell’espansione altomedievale. E’
di questo periodo il trasferimento della cattedrale nel sito
attuale, e nei secoli successivi prolificarono i palazzi della
nascente aristocrazia terriera. All’esterno del recinto
fortificato nacquero il monastero francescano e il monastero
di monache di S. Maria di Valverde; la torre saracena del X
secolo, già integrata nel XII secolo con l’aggiunta di un nuovo
corpo di fabbrica, raggiunse sul finire del XIV il suo definitivo
aspetto nell’attuale Palazzo
Corvaja. Seguì un lento declino. Fra il XVI e il XVII secolo un
nuovo ampliamento interessò la città, verso nord, nel successivo
la scena dell’attuale belvedere è completata con la costruzione
della chiesa di S. Giuseppe.
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Dal
1881 si aprì un’epoca nuova per Taormina: prima il barone tedesco
Wilhelm von Gloenden, con le sue artistiche fotografie di nudi, poi
gli inglesi ne scoprirono, e fecero scoprire, il fascino.
L’interesse turistico verso la cittadina fu favorito dal
riutilizzo dei monasteri come strutture ricettive a seguito della
soppressione degli ordini religiosi nel 1866. Poco alla volta questa
città incantata divenne nota nel “bel mondo” europeo e
americano come un’elegante e ricercata località di soggiorno. Fu
violentemente bombardata nella seconda guerra mondiale.
Corso Umberto I,
è il tratto più significativo dell’antica Via Valeria, strada
consolare che congiunge Messina a Catania. Dalla costa (Spisone)
s’inerpicava lungo il costone presso il torrente S. Antonio fino a
raggiungere il tempio di Giove Serapide (nel XVII secolo sulle
vestigia del tempio fu edificata la chiesetta
di S. Pancrazio) e la porta nord della città, Porta Messina, riedificata nel 1808, percorreva l’abitato in tutta
la sua lunghezza e attraversando Porta
Catania o del Tocco (1440), confine del borgo verso ovest, si
calava lungo la vallata del torrente Sirina.
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Passeggiata
(
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Chiesa
di S. Giuseppe
(
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La
Via Valeria ha rappresentato, fino al secolo scorso, (quando venne
realizzata la SS. n°114) l’unica strada di collegamento del
versante ionico, intorno alla quale si è formato l’attuale nucleo
storico della città con i suoi monumenti civili e religiosi.
Piazza
Vittorio Emanuele, antica area dell’agorà e successivamente
del foro romano.
Palazzo
Corvaja, nel 1410 sede del parlamento siciliano, composto di tre
corpi (secoli XI – XV) ha una facciata austera, risalente
all’integrazione quattrocentesca, decorata da merli alla sommità,
da bifore e da un fregio intarsiato con un’epigrafe latina; il
portale è in stile gotico – catalano.
Chiesa
S. Caterina e Odeon romano, posta a sinistra di Palazzo Corvaja
, fu costruita a metà ‘600 sopra i resti dell’Odeon romano,
piccolo edificio teatrale realizzato in età imperiale mediante la
trasformazione di un preesistente edificio, e venuto alla luce
durante gli scavi dl 1893. Della struttura sono visibili, alle
spalle della chiesa, i cinque cunei con gradini in mattoni,
costituenti la cavea e un tratto dell’opera litica originaria sul
fronte della scena.
Terme
romane, resti di grande edificio termale di età romana
imperiale in elegante struttura laterizia.
Facciata
della chiesa Madonna del Piliere, eretta nel XV secolo,
caratterizzata da un rosone ed un portale architravato con il
sovrastante arco arricchito da minute decorazioni lobate.
Naumachie,
dal Corso Umberto, a sinistra imboccando la Via Naumachia, si giunge
alla cosiddetta “Naumachia” che costituisce una delle più
importanti opere romane della Sicilia, infatti i romani, oltre a
rimodernare la città, pensarono anche a dotarla di quelle
infrastrutture di servizio necessarie al suo sviluppo economico, fra
le quali vi era la costruzione di un sistema di raccolta delle acque
sorgive in capienti cisterne.
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Le
naumachie costituiscono la testimonianza di tale impegno: si tratta
di un monumentale muro di sostegno lungo 122 metri in mattoni,
conformato a grandi nicchie, la cui fronte protegge una grandiosa
cisterna ora non più accessibile dalla quale si diramavano
ulteriori condutture idrauliche per l’irrigazione dei terreni a
valle, ed avente funzione di sostegno del terrazzamento soprastante
dove passava la strada consolare.
Piazza
IX Aprile, una vasta terrazza si affaccia sull’aspro dirupo,
fino al mare, offrendo un incomparabile paesaggio. La piazza, con i
suoi edifici accostati l’uno all’altro, crea uno spazio
accogliente e armonioso.
Sulla
sinistra sorge la graziosa ex – chiesetta di S. Agostino (oggi sede della biblioteca
comunale), con portale ogivale e piccolo campanile, costruita nel
1448 con annesso il convento costruito nel 1530.
Di
fronte alla terrazza sorge in cima a una scalinata la barocca
chiesa di S. Giuseppe, costruita nel XVII secolo unitamente al
suo campanile a bulbo ha un carattere prettamente scenografico.
Chiude un lato della piazza la medievale Torre dell’Orologio (XI – XII secolo), rimaneggiata alla fine
del 1600. La Porta di Mezzo
si apre nel terzo muro di fortificazione sotto la torre: da qui ha
inizio il borgo medievale, la parte più antica della città, dove
gli edifici conservano elementi architettonici di epoca medievale,
cortiletti, bifore, portali gotici. |

Panorama
in notturna della costa
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Panorama
del Teatro greco
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Chiesa
del Varo, sorge nel borgo medievale ad una navata con torre
campanaria, fu iniziata nel XV secolo. Vi è annessa una cripta
medievale.
Sulla
destra di Corso Umberto, un po’ rientrato ed alto su una
gradinata, si eleva il vistoso Palazzo
Ciampoli, tipico palazzo signorile del 1412, con cortile
antistante di cui resta un muro perimetrale ed un arco d’ingresso
di preziosa fattura. Di forme gotico – catalane, con un piano di
esili bifore.
Dietro
il palazzo, poco lontano, si trova la Badia
Vecchia, torrione – palazzo costruito nel XIV secolo adattando
una torre di difesa della cinta muraria. Si ipotizza che
l’appellativo “Badia” sia dovuto al fatto che attorno alla metà
del 1400 la principessa aragonese Costanza (badessa dell’edificio)
vi abbia dimorato.
Si
raggiunge quindi Piazza del Municipio, dove sorge la Cattedrale
di S. Nicolò. La costruzione fu eretta sotto il regno di
Federico III D’Aragona nel XIII secolo, presenta nella facciata
due monofore del XV secolo e un portale del XVII, mantiene sui
fianchi e sul transetto la linea delle chiese normanne, con la massa
quadrata resa più austera dai merli che la coronano, e ingentilita,
tuttavia, dal piccolo rosone e da due finestre ogivali.
All’interno,
che conserva l’impianto basilicale romanico con evidenti tracce
degli interventi successivi, un notevole polittico su tavola di
Antonello de Saliba (1504), nipote di Antonello da Messina, è
sistemato al secondo altare.
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Nella
piazza è l’edificio del Municipio, Palazzo
dei Giurati, della ricostruzione originale risalente al 1700
rimane il prospetto principale sul Corso Umberto, in prossimità
della chiesa Madre.
Al
centro della piazza, su alti scalini, troneggia una fontana
seicentesca con la statua
della Centauressa, simbolo della città: una pesante corona le
cinge la fronte ed ha in mano il globo della terra.
Il
Corso Umberto termina con la porta Catania, che volge verso l’esterno l’emblema della
famiglia aragonese.
Sulla
sinistra, scendendo per un vicoletto, si trova il Palazzo
dei Duchi di Santo Stefano , torrione – palazzo del XIV secolo
costruito accanto a porta Catania sfruttando il muro di
fortificazione, è atre elevazioni fuori terra. Presenta sulle
facciate splendide bifore ed archi trilobati e fregio di coronamento
a motivi geometrici di chiara ascendenza musulmana. Di particolare
interesse architettonico è lo spazio del piano terra coperto da
quattro volte a crociera impostate sui muri perimetrali e su quattro
arcate ogivali che scaricano sugli stessi muri e su una colonna
posta al centro dell’ambiente. |

Interno
del palazzo Corvaja
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Trifora
del palazzo Corvaja
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Fuori
porta Catania, in una piazzetta tra le mura cittadine esterne e
quelle interne, sorge la chiesa
di S. Antonio, costruzione ad una navata con un piccolo
campanile risalente al secolo XIV. Sede di un presepe permanente
dove si possono ammirare in miniatura molti monumenti di Taormina.
Si
ritorna in piazza del Municipio e si scende fino a piazza San
Domenico, dove nel ‘500 fu costruita l’omonima chiesa e il
convento. Il complesso fu iniziato nel 1374 sui resti del Castello
dei Rosso di Cerami. La chiesa (distrutta dai bombardamenti del
1943) era di impianto cinquecentesco, così come il chiostro
principale, mentre gli altri chiostri e la torre campanaria furono
aggiunti nel XVIII secolo. Della struttura cinquecentesca rimangono
il campanile e il convento, trasformato in albergo, che conserva
l’antico arredamento.
Dalla
Piazza Vittorio Emanuele si intraprende la Via Teatro Greco, a
destra s’imbocca la scalinata alberata di Via Timoleone e quindi
si percorre la via Jallia Bassia , la via del Ginnasio e la via
Bagnoli Croce, su questa ultima, sulla destra, vi è la villa comunale che fu il giardino privato di Miss Florence T.
Trevelyan realizzato alla fine del secolo XIX sul modello del
giardino inglese.
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Nel
parco oltre alla presenza di essenze arboree e biologicamente
rilevanti si possono ammirare le victorian follies, costruzioni fantastiche, non abitabili.
Lasciando
la Via Bagnoli Croci si intraprende la via
Luigi Pirandello sulla quale si possono ammirare resti di tombe
bizantine.
Dal
belvedere e per tutto il tratto della Via Pirandello sino
all’imbocco della via Dietro la Noce si gode un panorama unico.
Si
intraprende quindi Via Dietro la Noce, scalinata che collega la via
Pirandello con la via teatro Greco, dalla quale si può cogliere una
veduta particolare sul Santuario Madonna della Rocca e sul Castello
Saraceno.
Dalla
Via Teatro Greco si accede al Teatro Greco , il monumento che ha creato il “mito” di Taormina,
concepito in una posizione naturalmente dominante il paesaggio
circostante. E’ per vastità il secondo dei teatri classici in
Sicilia. La costruzione, di epoca ellenistica, sfrutta il declivio
naturale della collina; la cavea, divisa in nove cunei con 28
gradini ciascuno, era coronata, alla sommità, da due portici uno
sull’interno e uno , più imponente, sull’esterno; i romani lo
trasformarono da teatro per rappresentazioni drammatiche in
anfiteatro per spettacoli di gladiatori, sostituendo l’orchestra
semicircolare con un’arena circolare , incassata al livello
d’imposta delle gradinate. La scena romana doveva presentare un
doppio ordine di colonne: quelle che attualmente si vedono sono
state rialzate durante un restauro di fine Ottocento. La parete di
fondo della scena in mattoni presenta al centro una grossa fenditura
che lascia vedere, come fosse un perfetto fondale scenico, la baia
di Schisò con l’Etna.
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Palazzo
Corvaja (Esterno)
(
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Corso Umberto I
(
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Gastronomia
A
Taormina non bisogna dimenticare di assaggiare gli involtini di
pesce spada ai ferri ed il tonno con la cipollata, le bracioline di
carne, le orate e i saraghi dello Ionio. Ci sono anche possibilità
diverse, più “povere ma non per questo meno gustose: le sarde
allinguate, le alici marinate, la neonata a pastelle, il capretto al
forno. E, se è possibile, il pane caldo condito con olio, origano e
qualche filetto di acciuga salata, un antipasto che merita uno o due
bicchieri di vino dell’Etna. A Taormina d’inverno, non bisogna
perdere l’occasione di farsi servire un piatto di “maccu”
(fave lessate ed insaporite con olio d’oliva) o una minestra di
ceci o di fagioli con la verdura. Per secondo: salsiccia impastata
con vino rosso e semi di finocchietto di montagna o le costolette di
castrato arrostite sulla brace di legna.
Si
può anche, ma su ordinazione, farsi preparare il gran timballo di
maccheroncini in crosta. Un piatto “regale”, preparato con
pasta, polpettine di carne, fegatelli di pollo, salsicce, uova sode,
sugo di carne, formaggio pecorino a pezzetti e grattugiato. Lo
cucinavano i cuochi di corte per i viceré.
Un
consiglio, per finire: almeno una volta ordinate spaghetti al
limone. Vi sorprenderà la semplicità e la bontà di questo piatto.
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